2 maggio 2012

FILM AL CINEMA - "In time" di Andrew Niccol

La fantascienza distopica può aiutarci a vivere quando ci porta a focalizzare le nostre attuali derive attraverso la lente deformante dell'esasperazione metaforica proiettata nel futuro. E' il caso di quest'ultimo film di Niccol, già regista di sci-fi intelligente nonché autore a pieno titolo (suoi anche il soggetto e la sceneggiatura).
"In time" rappresenta un mondo in cui il tempo è letteralmente capitalizzato: si nasce programmati geneticamente per arrivare a venticinque anni e poi, a parte un anno extra, ogni minuto deve essere guadagnato. La moneta di scambio è proprio il tempo, conteggiato inesorabilmente dai timer sugli avambracci delle persone e che può essere rubato (o donato) con una semplice stretta di polsi. Da una parte ci sono i ricchi, nei loro quartieri difesi da barriere, che dispongono di secoli e secoli depositati in banca (fino all'immortalità); dall'altra i poveri, racchiusi in ghetti suburbani e costretti a lavorare duramente per guadagnarsi una manciata di ore. Il protagonista Will Salas è un reietto che fa causa comune con la figlia di un potente magnate, Sylvia Weis: insieme costituiscono una coppia di banditi che sfida l'estabilishment, con rapine in stile Robin Hood, prendendo ai ricchi per dare ai poveri.
Ecco l'ossessione del tempo, tipica della nostra civiltà del benessere, trasfigurata in questa allegoria esistenziale e politica. Gli "immortali", che dispongono di tutto il tempo che vogliono, hanno solo da perdere: la loro è un'esistenza tesa al mantenimento della loro sicurezza, a ridurre al minimo le cause incidentali che possono condurre alla morte. Questo atteggiamento non può che sfociare nella negazione della vita stessa, che si riduce ad una prigione dorata dalla quale sono bandite esperienze impreviste ed emozioni profonde. In tal senso Sylvia Weis è lo specchio nel quale possono riconoscersi tanti spettatori occidentali contemporanei, nati e cresciuti nell'agiatezza, senza conoscere la lotta per la sopravvivenza o le difficoltà materiali, proiettati nell'autorappresentazione della propria identità all'interno di convenzioni sociali acquisite acriticamente, rassicurati dall'illusione del controllo, ingabbiati da una prevedibile quotidianità ed impauriti dalle emozioni fino a negarle e a rimuoverle, terrorizzati dalla vita stessa nella sua espressione più immediata, istintiva, pulsionale. E la trasformazione della vita di Sylvia nell'incontro con Will Salas - il suo abbandonarsi all'esperienza (a partire dal primo bagno in mare) e all'emozione (si innamora proprio di qualcuno al quale mai avrebbe pensato) - è la catarsi che il cinema offre a questi spettatori, così come ne adombra le aspettative nascoste e magari inconfessate nel successivo percorso della protagonista.
Viceversa il personaggio di Salas rappresenta l’altra faccia della civiltà del benessere, quell'umanità a cui gli agi sono negati, che campa alla giornata - tra difficoltà economiche ed emarginazione sociale - e manifesta un’adesione più immediata alla vita. E da tale contesto emerge la dimensione politica del film, che illustra il percorso dal riscatto individuale al perseguimento della liberazione sociale e suggerisce che quest’ultima non può avvenire all'interno delle regole di un sistema edificato sulla disuguaglianza. 
La vicenda offre quindi degli interessanti spunti di riflessione e la messinscena fa sì che il messaggio sia veicolato allo spettatore attraverso l'immediatezza dell'adesione emotiva. La cura dell'ambientazione (a partire da scenografie e costumi) rende l'atmosfera suggestiva - per quanto esplicitamente debitrice di un immaginario proveniente da opere analoghe, il ritmo narrativo è avvincente, la regia è semplice ma funzionale e gli attori riescono a conferire ai personaggi la necessaria incisività. Si tratta di un film a basso budget e questo dimostra ancora una volta che le idee azzeccate possono dare vita ad un ottimo cinema quanto e più dei potenti mezzi tecnologici delle superproduzioni. 
Pier

2 commenti:

  1. Appena visto...
    Gran bel film. Apprezzato.
    Mette un pò "Fretta" ;) ma è molto avvincente. Il messaggio che lascia è: Il tempo è prezioso, non sprechiamolo, investiamolo dedicandolo ad altri e dedicando il nostro operare in qualcosa in cui crediamo, che sia veramente costruttivo.
    A quel punto, di qualunque cosa si tratti, non sarà stato tempo perso...

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  2. In poche righe e con estrema semplicità hai proposto una chiave di lettura diversa da quella che ho espresso io nell'articolo...questo è il valore aggiunto della condivisione: hai evidenziato degli aspetti che io, nella mia lunga ed articolata recensione, non ho neanche sfiorato e che invece ora tu mi fai riconoscere ed apprezzare...come vedi, per poter parlare di cinema da un punto di vista - chiamiamolo così - "esistenziale", non c'è bisogno di una preparazione specialistica...anzi, magari la formazione "accademica" può diventare a volte un limite se prende la strada dell'eccesso di intellettualismo, mentre un approccio più diretto può forse cogliere più facilmente alcuni spunti con il cuore, come sento che hai fatto tu in questo caso...Grazie del contributo.

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